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LONDRA (Gran Bretagna) - Come proiezione è preoccupante: tra cinque anni avremo consumato metà delle riserve naturali di greggio. Questo, almeno, è quanto sostiene Rob Hopkins, docente universitario e fondatore di un movimento che in Gran Bretagna e in Irlanda sta prendendo piede a ritmo sostenuto. Si chiama Transition towns (www.transitiontowns.org) e l'obiettivo è di convertire centri abitati a un'esistenza ecologica che faccia a meno del petrolio e dei suoi derivati. Niente auto, insomma, e niente plastica, addio cibi esotici in arrivo dall'altro capo del mondo, addio partenze in aereo. «GOVERNO ASSENTE» - «Il governo parla di riforme verdi, ma alla fine non cambia niente», ha sottolineato Hopkins in una recente intervista al Guardian. «Il nostro movimento è per chi è stanco di aspettare e alle parole preferisce misure concrete». Un richiamo che la gente ha sentito. Perché è questa la differenza tra Transition Towns e altre organizzazioni che si battono per una maggiore sensibilità ecologica.
SOLE E ANTICHI MESTIERI - A Totnes, nel Devon, l'obiettivo è di installare, entro luglio, pannelli solari su 50 abitazioni, un esperimento che se avrà successo verrà esteso a tutta la cittadina. E dato che la presenza di greggio e petrolio ha da una parte semplificato la vita, ma dall'altra «creato una generazione che ha dimenticato arti antiche», ecco una serie di seminari per «rieducare la gente ai mestieri dei loro genitori». Come crescere le verdure nell'orto, come bruciare la legna nel modo meno dannoso per l'ambiente, come fare il pane, come rammendare le calze, come cucinare usando solo prodotti stagionali: dal giardino alla tavola, in pratica, senza bisogno di supermercati, di cipolle spagnole o fragole cilene. COMUNITA' E APPARTENENZA - Secondo Duncan Law, "townie" volontario di Brixton, si tratta di un progetto che crea un senso di comunità e di appartenenza. «In genere il messaggio sull'ambiente è esclusivamente negativo, la filosofia di Transition Towns invece è positiva, nel senso che tutti possiamo fare qualcosa e, nel nostro piccolo, cambiare il mondo. In un quartiere come Brixton, dove non c'è un grande senso di solidarietà e ci sono vicini di casa che si conoscono appena, un'iniziativa che unisce la gente nel bene comune non può che essere benvenuta». scritto da Paola De Carolis
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Le Città di Transizione (Transition Towns) rappresentano un movimento fondato in Irlanda a Kinsale e in Inghilterra a Totnes dall'ambientalista Rob Hopkins negli anni 2005 e 2006. L'obiettivo del progetto è di preparare le comunità ad affrontare la doppia sfida costituita dal sommarsi del riscaldamento globale e del picco del petrolio. Il movimento è attualmente in rapida crescita e conta comunità affiliate in molte parti del mondo. Storia
Il concetto di Transizione matura dal lavoro fatto da Rob Hopkins (esperto di permacultura) assieme agli studenti del Kinsale Further Education College, culminato in un saggio dal titolo "Energy Descent Action Plan". Questo tratta di approcci multidisciplinari e creativi riguardo a produzione di energia, salute, educazione, economia e agricoltura, sotto forma di "road map" verso un futuro sostenibile per la Città. Uno degli studenti, Louise Rooney, ha poi ulteriormente sviluppato il concetto di Città di Transizione e lo ha presentato al Kinsale Town Council, il quale con una storica decisione ha adottato il piano e lavora oggi alla propria indipendenza energetica.
L'idea è stata poi riformulata ed espansa nel settembre 2006 per la città nativa di Hopkins, Totnes, dove egli oggi vive. L'iniziativa ha avuto rapida diffusione e, alla data del 25 aprile 2008, si segnalano oltre cinquanta comunità riconosciute ufficialmente come Transition Towns[1] in Regno Unito, Irlanda, Australia, Nuova Zelanda ed Italia. L'appellativo "Città" rappresenta in realtà comunità di diverse dimensioni, da piccoli villaggi (Kinsale), a distretti (Penwith) fino a vere e proprie città (Brixton). In Italia l'unica città riconosciuta ufficialmente in transizione è Monteveglio[2] Caratteristiche del progetto
Lo scopo principale del progetto è quello di elevare la consapevolezza rispetto a temi di insediamento sostenibile e preparare alla flessibilità richiesta dai mutamenti in corso. Le comunità sono incoraggiate a ricercare metodi per ridurre l'utilizzo di energia ed incrementare la propria autonomia a tutti i livelli. Esempi di iniziative riguardano la creazione di orti comuni, riciclaggio di materie di scarto come materia prima per altre filiere produttive, o semplicemente la riparazione di vecchi oggetti non più funzionanti in luogo della loro dismissione come rifiuti. [3]
Sebbene gli obiettivi generali rimangano invariati, i metodi operativi utilizzati possono cambiare. Per esempio Totnes ha introdotto una propria moneta locale, il Totnes pound, che è spendibile nei negozi e presso le attività commerciali locali. Questo aiuta a ridurre le "food miles" (distanza percorsa dal cibo prima di essere consumato, causa di inquinamento e dispendio energetico) e supporta l'economia locale.[4] La stessa idea di moneta locale verrà introdotta in tre Transition Towns gallesi.[5] Fulcro del movimento delle Transition Town è l'idea che una vita senza petrolio può in realtà essere più godibile e soddisfacente dell'attuale. "Ragionando fuori dallo schema corrente, possiamo in realtà riconoscere che la fine dell'era di petrolio a basso costo è un'opportunità piuttosto che una minaccia, e possiamo progettare la futura era a bassa emissione di anidride cabonica come epoca fiorente, caratterizzata da flessibilità e abbondanza - un posto molto migliore in cui vivere dell'attuale epoca di consumo alienante basato sull'avidità, sulla guerra e sul mito di crescita infinita".[6] Futuro del progetto
Il numero di comunità coinvolte nel progetto è in costante crescita, con molte città prossime alla "ufficializzazione". [7]
[8] Il movimento riceve sempre maggiore attenzione da parte dei media grazie alla propria rapida crescita. Note
Transition towns - città di transizione
Associazioni di cittadini stanno ripensando le città, in tutto il mondo. Cercano di reinventarsi il proprio modo di vivere, di spostarsi, di respirare, di mangiare, di relazionarsi con i vicini. Transition Towns è uno di questi movimenti, un esperimento sociale su grande scala iniziato nel 2005 a Kinsale, Irlanda, e proposto dall’ambientalista Rob Hopkins. Oggi raggiunge 134 comuni in tutto il mondo, principalmente in Inghilterra, Australia e negli Stati Uniti. La domanda fondamentale che i suoi partecipanti si pongono è: come la nostra comunità può affrontare le sfide e cogliere le opportunità del Peak Oil e dei cambiamenti climatici? Come la nostra società - essenzialmente basata sul consumo di petrolio - sarà in grado di reagire quando la produzione raggiungerà il suo punto massimo ed inizierà il suo declino? Le Transition Towns si organizzano verso questa transizione, pianificando la decrescita del proprio consumo energetico e dell’utilizzo delle risorse in generale. Riconoscono 2 principi fondamentali:
Partendo da questi presupposti, le comunità adottano un Piano d’Azione verso la Decrescita Energetica, per provare ad immaginare la propria città fra 20 anni in maniera positiva. Mettono in piedi dei progetti di eco-costruzione, giardinaggio collettivo e permacultura, panelli solari, scambi di rifiuti tra le aziende per facilitare il riuso e ridurre lo spreco… addirittura a Totnes (UK) hanno anche creato una moneta alternativa che viene accettata in più di 70 botteghe locali! E l’economia gira! Questo dimostra che ci sono tante iniziative per cambiare la città: bisogna solo usare d’un pò d’immaginazione e tanta creatività! Ovviamente, ci sono dei criteri ben precisi per diventare una Transition Town e sono ricche le risorse messe a disposizione dalla comunità di "esperti"! In Italia una decina di città stanno discutendo la scelta verso la transizione, tra cui L’Aquila e Lucca. Monteveglio (CT) rimane l’unica ufficialmente riconosciuta dalla rete internazionale. Le Transition Town, come CriticalCity, hanno un potenziale di azione democratica dirompente: restituiscono a tutti la possibilità di modificare il proprio territorio e promuovono la collaborazione collettiva verso un bene comune!
Articolo pubblicato il 3 Febbraio 2009 sul sito
Transition Towns 2: coltivare la transizione
Oggi torniamo a parlare delle Transition Towns, perchè c’è tanto da esplorare e sopratutto tanto da ispirarsi a questo movimento per ripensare e vivere meglio le città. Questa volta scopriamo i progetti concreti delle "città di transizione". Prendiamo per esempio i progetti che si fanno a Totnes (8500 abitanti) in Gran Bretagna. La cittadina è diventata un vero e proprio modello. Qui si ritrovano tutti quelli che credono in questo modello di vita svolgono molte iniziative diverse di carattere ambientale. The Great Reskilling: educazione, riciclo e riuso Conferenze e gruppi di lavoro Mangiare locale e permacultura Trasporti, energie rinnovabili ed eco-costruzioni Ingegnosi, gli abitanti delle Transition Towns! Infine, possiamo dire che il movimento scommette tanto sull’educazione e l’insegnamento, e sulla condivisione delle competenze. Probabilmente state pensando che tutto ciò è più facile da fare in un piccolo paese piuttosto che in una città… Eppure anche Bristol, con i suoi 250.000 abitanti, punta sulla transizione. Per ciò ha sviluppato un suo approccio ben particolare: ripensando la città come una rete di paesini auto-gestiti, che lavoreranno insieme per mettere in azione i loro piani di decrescita. Non male…
Think globally, act locally: Pensa globalmente, agisci localmente!
Di tutte queste iniziative emerge un nuovo atteggiamento sociale: la transition culture. Rob Hopkins, il fondatore delle TT, esplora le dinamiche di questa cultura sul suo blog personale. ‘‘La gente inizia a vedere una Grande Opportunità nel picco delle risorse petrolifere (Peak Oil), una chance per costruire il mondo che abbiamo sempre sognato’’, dice Hopkins. Ma cosa succede qui in Italia? Lo scopriremo nel prossimo post sulle Transition Towns…
Articolo pubblicato il 12 Febbraio 2009 sul sito Per maggiori info sulle sperimentazioni in Italia:
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